Disturbi dell’Umore

L’umore è lo stato d’animo che caratterizza e determina la qualità della vita psichica della persona. La tristezza e l’euforia sono i due stati d’animo estremi che l’essere umano può esperire e, la qualità delle oscillazioni tra questi due estremi può comportare un disagio per la persona che può arrivare a configurarsi come un disturbo vero e proprio.

Comunemente indichiamo la tristezza come “depressione”, così come spesso una depressione vera e propria viene trascurata/negata e considerata come un “normale” stato d’animo di tristezza e abbattimento a seguito di eventi spiacevoli. La distinzione tra “normalità” e patologia è un confine labile al quale gli studi scientifici hanno risposto offrendo la possibilità di sviluppare criteri diagnostici tramite i quali fare una valutazione psicologica della sofferenza che ci porta una persona.

Se nella depressione è presente un abbattimento dell’umore con sentimenti di tristezza cronica, irritabilità, perdita di interesse, energie, talvolta appetito e sonno, quando non produce l’effetto inverso, nel bipolarismo l’oscillazione tra i due estremi opposti di euforia (episodio maniacale) e tristezza (depressione) è l’aspetto predominante del disturbo.

In quanto stati d’animo alterati, i disturbi dell’umore coinvolgono anche la sfera cognitiva della persona e comportano sintomi fisici e comportamentali.

Nella predominanza di vissuti psichici di tristezza e depressione sono presenti a livello cognitivo autosvalutazione con bassa auto-stima e insicurezza, senso di colpa, visione pessimistica della realtà e deficit della memoria, della capacità di concentrazione e rallentamento generale nella produzione di idee e pensieri. A livello comportamentale, rallentamento motorio o irrequietezza e agitazione, riduzione o abbandono delle attività che prima erano fonte di piacere e soddisfazione, facilità al pianto e espressione triste. A livello fisico e neurovegetativo possono verificarsi aumento o diminuzione dell’appetito, del peso corporeo e del sonno, problemi gastointestinali, calo del desiderio sessuale e disfunzioni sessuali, dolori somatici di varia natura e stanchezza. Nelle fasi maniacali del bipolarismo il vissuto psichico di euforia, disforia e irritabilità è correlato a livello cognitivo da un senso grandioso di sé con percezione di possedere grandi capacità intellettive, distraibilità e accelerazione del pensiero e ideativa. Il comportamento è iperattivo con irrequietezza psico-motoria e impulsività. E’ frequente nella fase maniacale che la persona abbia comportamenti disinibiti e rischiosi, che si dedichi a spese irresponsabili, intraprenda attività produttive e finanziarie di una certa rilevanza correndo dei rischi non calcolati e al di sopra delle proprie possibilità. A livello fisico e neurovegetativo si riscontra un aumento delle energie, dell’appetito, della libido e una diminuzione del bisogno di dormire con conseguente insonnia.

Lungo il continuum stato depressivo vs. stato maniacale sono rintracciabili diverse forme cliniche afferenti rispettivamente all’uno e all’altro estremo: nella depressione, la depressione psicotica, la dep. melanconica, la dep. atipica, la dep. con sintomi catatonici, la dep. post- partum e la dep. stagionale. La Distima è una forma di depressione maggiore più lieve e con sintomi meno marcati.

In tal senso, la Ciclotimia può essere considerata una forma di disturbo bipolare più lieve caratterizzato da episodi maniacali di minore intensità (ipomaniacalità) alternati a episodi depressivi. Nel disturbo Bipolare infine, il DB I si distingue per maggiore severità dei sintomi e della prognosi dal DB II che a differenza della ciclotimia presenta episodi depressivi maggiori e a differenza del tipo I episodi ipomaniacali. I fattori scatenanti o precipitanti di un disturbo dell’umore sono individuabili, secondo un approccio biopsicosociale in esperienze negative precoci di vita, predisposizione genetica che può comportare una vulnerabilità allo stress (e non una predisposizione a sviluppare lo stesso disturbo), e eventi stressanti o traumatici. L’esperienza della perdita risulta essere particolarmente dolorosa e significativa all’interno di questo quadro, sia in termini di perdite affettive legate ad eventi come lutti e separazioni sia più genericamente alla perdita del controllo di fronte a situazioni che la persona percepisce come “ingestibili per lei” sviluppando un senso di impotenza, spavento e avvilimento. Vediamo dunque che l’attribuzione di un significato soggettivo all’esperienza è all’origine del vissuto che ne deriva e profondamente correlato alla personalità di base ed alle capacità di coping o attivazione che la persona ha sviluppato nel corso della sua vita. Non esistono eventi traumatici in assoluto quindi ma schemi di pensiero e modalità di interpretare la realtà e di attribuire ad essa un significato personale che intensificano o meno la natura stressante dell’evento.

Il focus del lavoro è prevenire l’insorgere di disturbi conclamati gravi, intervenendo sulle abilità che la persona possiede e che le occorrono per fronteggiare eventi stressanti e traumatici. Lavorare sulla capacità di attivazione, sulla gestione dello stress, sull’auto-stima, sulle abilità sociali, sulla competenza emotiva, intesa come capacità di individuare, riconoscere e comunicare le proprie emozioni (e successivamente quelle degli altri).